Tra epurazioni e tangenti, Xi Jinping affronta un esercito destabilizzato da scandali che mettono a rischio l’efficacia militare e l’autorità del governo
La leadership militare cinese continua a essere scossa da una serie di scandali che rivelano l’instabilità delle sue gerarchie e mettono in discussione la capacità di Xi Jinping di mantenere il controllo sulle forze armate. Dopo l’epurazione di due ministri della Difesa nel 2023, nuove accuse di corruzione coinvolgono l’Ammiraglio Dong Jun, attuale ministro della Difesa, e l’Ammiraglio Miao Hua, membro della Commissione Militare Centrale. Secondo il Financial Times del 27 novembre, fonti americane confermano che Dong Jun, nominato a dicembre 2023 da Xi Jinping, è attualmente sotto inchiesta per corruzione. Se le accuse venissero confermate, Dong sarebbe il terzo ministro consecutivo a cadere per questo motivo, dopo i predecessori Wei Fenghe e Li Shangfu, quest’ultimo espulso dal Partito Comunista dopo solo sette mesi in carica. La portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha liquidato le notizie come “speculazioni infondate”, senza ulteriori dettagli. Dong Jun era stato inizialmente considerato un possibile candidato per entrare nella Commissione Militare Centrale, il massimo organo decisionale dell’esercito cinese, ma non è mai riuscito a ottenere questa posizione, suscitando dubbi sulla sua stabilità politica a Pechino. Durante un recente vertice in Laos, Dong ha rifiutato di incontrare il Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin, motivando lo sgarbo con il malcontento di Pechino per le vendite di armi americane a Taiwan.
Parallelamente, l’Ammiraglio Miao Hua, figura chiave nella Commissione Militare Centrale e responsabile della disciplina politica dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL), è stato accusato di “gravi violazioni della disciplina”, una formula che spesso maschera accuse di corruzione o slealtà politica. La sua sospensione, riportata dal New York Times, rappresenta un segnale di grave crisi, poiché Miao ricopre un ruolo cruciale nel mantenimento dell’ordine interno all’esercito. Gli scandali legati a Dong e Miao si collocano in un quadro di corruzione radicata nell’EPL. Secondo il Financial Times, negli ultimi anni è venuto alla luce un meccanismo che consentiva di comprare avanzamenti di carriera, compromettendo sia la meritocrazia sia l’efficienza operativa. Questa pratica si estendeva a tutti i livelli, dai ranghi inferiori fino alle posizioni apicali, rendendo complicato individuare figure integre per ruoli dirigenziali.
A partire dal 2023, almeno nove generali e alti dirigenti del settore della difesa sono stati rimossi per accuse di corruzione. Tra questi, Wei Fenghe, ministro della Difesa dal 2018 al 2023, è stato accusato di aver abusato della sua posizione per interessi personali, accettando tangenti per milioni di dollari. La sua rimozione è stata seguita da quella di Li Shangfu, coinvolto in uno scandalo di corruzione legato agli approvvigionamenti militari. Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, che dal 2012 ha concentrato il suo potere anche sulla guida dell’esercito, ha fatto della lotta alla corruzione una priorità, ma i risultati sembrano limitati. La ripetizione di scandali ai vertici suggerisce che il problema sia strutturale e radicato. Drew Thompson, analista presso la Nanyang Technological University di Singapore, intervistato dal NYT, ha osservato che il caso Miao è particolarmente grave: “Il commissario politico è una figura cruciale per il morale e la disciplina dell’esercito. Se nemmeno questa figura risulta affidabile, significa che il sistema è compromesso”.
Nel luglio scorso, Xi ha lanciato una nuova campagna di ‘rettifica’ all’interno dell’EPL, con l’obiettivo di riformare il pensiero, l’organizzazione e la disciplina. Durante un incontro con i vertici militari, il presidente ha ribadito che “la pistola deve sempre restare nelle mani di coloro che sono affidabili e leali al Partito”. Tuttavia, i continui scandali mettono in dubbio la capacità di Pechino di realizzare un cambiamento duraturo. Mentre Xi Jinping insiste sulla necessità di un esercito “pronto a combattere e vincere una guerra”, la realtà interna dell’EPL sembra allontanare questo obiettivo. La corruzione e l’instabilità ai vertici non solo compromettono il morale, ma anche l’efficacia strategica, soprattutto in un momento in cui la Cina affronta sfide complesse come le tensioni con gli Stati Uniti e la questione di Taiwan.
Le inchieste più recenti evidenziano che, nonostante epurazioni e dichiarazioni ufficiali, l’Esercito Popolare di Liberazione continua a soffrire di criticità strutturali che compromettono sia la sua operatività sia il ruolo strategico che il presidente intende assegnargli sulla scena internazionale.
Lara Ballurio
giornalista