riforma pubblica amministrazione

In questi giorni molto si sta sentendo parlare della Proposta Zangrillo per la P.A., ma di cosa si tratta nello specifico? Risulta essere realmente adeguata? La proposta di riforma della Pubblica Amministrazione (P.A.) presentata dal Ministro Paolo Zangrillo ha suscitato un ampio dibattito in Italia, centrato soprattutto sulla modifica del sistema di selezione per le posizioni dirigenziali. Fino ad oggi, per accedere alla dirigenza della P.A., i candidati dovevano superare un concorso pubblico, requisito che garantiva trasparenza e imparzialità. Tuttavia, Zangrillo propone di sostituire questo concorso con una valutazione basata sulle performance effettive dei dipendenti, premiando il “saper fare” piuttosto che il “sapere”. L’idea è che le posizioni dirigenziali diventino accessibili attraverso progressioni verticali, favorendo i funzionari con esperienza, senza la necessità di superare un concorso pubblico.
La proposta, pur ambiziosa, ha suscitato preoccupazioni. In particolare, si teme che l’introduzione di un sistema alternativo possa favorire le ingerenze politiche, poiché la selezione dei dirigenti sarebbe basata su valutazioni di performance, lasciando più spazio alla discrezionalità dei dirigenti. Questo solleva interrogativi sulla costituzionalità della proposta, poiché l’articolo 97 della Costituzione stabilisce che l’accesso agli impieghi pubblici debba avvenire tramite concorso, salvo eccezioni. Pertanto, la riforma potrebbe richiedere un esame più approfondito in Parlamento.
Un altro aspetto della proposta riguarda la critica al sistema concorsuale tradizionale, che ha mostrato evidenti limiti nel tempo. I concorsi pubblici, infatti, non sempre riescono a valutare le competenze pratiche dei candidati e i tempi lunghi delle procedure non sono in grado di rispondere tempestivamente alle necessità di un’amministrazione moderna. Per Zangrillo, quindi, un sistema che valorizzi le performance potrebbe rendere la P.A. più flessibile, responsabile e orientata al merito.
Tuttavia, anche se la proposta di Zangrillo ha l’intento di favorire una maggiore efficienza, resta il rischio che il sistema di selezione delle dirigenze diventi un’opportunità per la cooptazione e la nomina di dirigenti politicamente orientati. Il Ministro ha cercato di attenuare queste preoccupazioni proponendo l’uso di commissioni esterne, composte da dirigenti estratti a sorte e professionisti del settore, per garantire imparzialità nella valutazione delle performance. Le valutazioni, inoltre, sarebbero basate su un arco temporale di cinque anni, al fine di garantire una visione più concreta e oggettiva delle capacità dei candidati.
La riforma si inserisce in un contesto più ampio di trasformazione della P.A., che mira a modernizzare l’amministrazione, attrarre giovani talenti e rispondere alle sfide dell’innovazione tecnologica. A questo fine, Zangrillo ha proposto un potenziamento della formazione continua per i dipendenti pubblici, con un focus particolare sull’uso delle tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale. Inoltre, la riforma apre la porta all’ingresso degli ITS Academy nella P.A., creando opportunità di carriera anche per chi non possiede una laurea. Parallelamente, la riforma include anche misure per la digitalizzazione dei concorsi e la semplificazione delle procedure amministrative, al fine di ridurre la burocrazia e migliorare l’efficienza. Tuttavia, il successo di queste misure dipenderà dalla capacità di bilanciare innovazione, meritocrazia e rispetto dei principi costituzionali. Una delle criticità più gravi della P.A. riguarda la carenza di personale negli enti locali, come Comuni, Province e Città Metropolitane. Queste amministrazioni stanno vivendo una grave crisi del personale, con un numero sempre minore di candidati ai concorsi pubblici e un crescente esodo di dipendenti verso altre amministrazioni. La causa principale di questa crisi risiede nelle differenze retributive tra gli enti locali e le amministrazioni centrali, che rendono il settore pubblico locale meno competitivo. Inoltre, la difficoltà di attivare politiche di welfare aziendale limita la capacità degli enti locali di attrarre personale qualificato.
In risposta a questa emergenza, Anci e Upi hanno chiesto a Zangrillo di adottare misure che riducano il gap salariale tra gli enti locali e le amministrazioni centrali. Tra le proposte, si suggerisce di estendere agli enti locali la possibilità di superare i limiti sui trattamenti economici accessori, già previsti per i Ministeri, e di destinare risorse statali per finanziare politiche salariali e di welfare aziendale. Questi interventi potrebbero migliorare le condizioni di lavoro negli enti locali e favorire l’ingresso di nuovi talenti. Le sfide per il settore pubblico locale sono dunque molteplici. Se non affrontata con misure adeguate, la crisi del personale rischia di compromettere la qualità dei servizi pubblici locali e la capacità di gestione delle amministrazioni, minando la fiducia dei cittadini nel sistema pubblico. La soluzione a questi problemi dipende dalla capacità del governo di adottare interventi normativi e finanziari che migliorino le condizioni di lavoro e rafforzino l’attrattività delle amministrazioni locali.
In conclusione, la proposta di Zangrillo per la riforma della dirigenza nella P.A. offre alcuni spunti interessanti, ma solleva anche dubbi importanti, in particolare riguardo al rischio di ingerenze politiche. Le misure proposte per valorizzare la performance individuale sono positive, ma la vera emergenza riguarda la disparità economica e le difficoltà degli enti locali nel mantenere il personale qualificato. A tal fine, sarebbe stato utile intervenire anche sulla questione salariale e sulle risorse destinate al settore pubblico locale, come richiesto da Anci e Upi.

Riccardo Renzi
funzionario pubblico

 


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