Putin e la tregua

La risposta di Putin alla proposta statunitense ed ucraina di cessate il fuoco avrà probabilmente dei ritmi lenti. I motivi sono più di uno. C’è un motivo di carattere politico generale: fare attendere le controparti è una costante della dimostrazione di potenza di Vladimir Vladimirovich. Putin si fa regolarmente attendere dai leader stranieri in visita, dagli ambasciatori esteri ed in particolare dagli inviati speciali; questa per lui è la plastica dimostrazione del prestigio e della superiorità russa e va a vantaggio della sua pubblica opinione: è sempre la parte minore che attende, chi ha il potere si fa aspettare. Sempre in quest’ottica, il prolungamento della risposta è la dimostrazione che Mosca non ha fretta perché sta vincendo sul terreno e l’urgenza occidentale di un accordo ne è la controprova: chi sta perdendo ha fretta di chiudere un accordo, chi ha più carte da giocare tutta questa fretta non ce l’ha. C’è poi un motivo legato alla personalità del Capo del Cremlino: chi osserva Putin sa che è lento nel prendere le decisioni. Riflette, oscilla, valuta, rimugina. L’annessione della Crimea nel 2014 è giunta dopo un vai-e-vieni di iniziative incoerenti, la mobilitazione forzata del 2022 è arrivata con un ritardo notevole rispetto a quanto si osservava nei combattimenti in Ucraina, il doloroso parto è giunto in un momento estremo, solo quando l’Armata Russa ormai dava vistosi segni di cedimento. Ci potrebbero poi anche essere motivi di ordine razionale: non sappiamo cosa accade nelle segrete stanze tra Stati Uniti e Russia e dunque non sappiamo quanto è dettagliata la proposta di cessate il fuoco recapitata al Cremlino.

Tuttavia, è opinione di chi scrive che una risposta positiva di Putin al cessate il fuoco, in linea di massima, ci sarà. Non crediamo che Trump ed il suo entourage – su questo argomento – siano una banda di improvvisatori allo sbaraglio. I contatti tra la squadra di collaboratori di Donald Trump ed il Cremlino sono iniziati mesi fa, ben prima della sua elezione alla Presidenza degli Stati Uniti e le due parti sono anche entrate in dettaglio, il Presidente lo ha detto con chiarezza in una intervista ai margini del suo recente incontro con il Capo della Nato, Mark Rutte. La trattativa segreta Russia-Stati Uniti segue la politica delle Sfere di Influenza e con ogni probabilità ha toccato questioni riguardanti i due Paesi che vanno oltre la questione Ucraina. Pensiamo che nel dibattito intervenuto siano occorse trattative e contenziosi a più grande raggio; la tregua in Ucraina potrebbe essere una pedina di scambio all’interno di un grande gioco su scala planetaria che vede al centro una distensione o quantomeno un accomodamento delle relazioni politiche e commerciali russo-statunitensi.

È comunque opinione di chi scrive che la più sfolgorante «linea rossa», a cui Putin non potrà mai rinunciare in alcuna trattativa, sarà una clausola che vieta la presenza di truppe straniere sul territorio ucraino. Non possiamo dimenticare che questa guerra è stata iniziata dal Cremlino per «denazificare» l’Ucraina; quindi, per Putin l’Ucraina non potrà mai uscire da qualsiasi negoziato con la presenza sul suo terreno di truppe occidentali perché sarebbe la negazione di tutto ciò per cui è stato richiesto ai russi di dissanguarsi. Insomma, le garanzie di sicurezza – il barattolo calciato un poco più in là dopo il burrascoso incontro tra Trump e Zelensky allo studio ovale – continueranno ad essere il cuore della questione di una futura tregua; e in questo senso Zelensky ed alcuni Paesi europei potrebbero fare da terzo incomodo. Su questo si giocherà qualsiasi futura prospettiva di pacificazione.

Virgilio Lo Presti
analista geopolitico

 


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