I rapporti fra l’informazione, i pubblici ministeri e il rispetto delle garanzie per l’indagato sono stati al centro di questo dibattito. Sono intervenuti: Mario Palazzi, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma; Olimpia Monaco, magistrato addetto all’ufficio studi del CSM; Giuseppe Campanelli, docente di diritto costituzionale all’università di Pisa; Francesco Petrelli, avvocato; Fabio Santaniello, avvocato; Piero Melani Graverini, avvocato e consigliere nazionale forense; Emilio Orlando, giornalista. In collegamento da Milano Giuseppe Fornari, avvocato. Ha moderato Davide Varì, direttore del quotidiano Il Dubbio.

Secondo Monaco, “in Ue da anni si discute sul portavoce giudiziario” e, sempre rimanendo in ambito europeo, “più che un diritto, c’è un dovere del magistrato di parlare perché certi fatti meritano di essere conosciuti”. Secondo la riforma Cartabia, ha ricordato Monaco, “il Procuratore della Repubblica diventa l’unico deputato a parlare con la stampa. Potrà rilasciare comunicati stampa e, solo in casi di necessità, da motivare per iscritto, ci sarà una conferenza stampa”. Per Campanelli, siamo di fronte ad un “itinerario interpretativo costituzionale abbastanza corposo”.

Da parte sua, Palazzi ha definito la stampa “il convitato di pietra” di questa riforma. “Si è lasciata scavalcare – ha aggiunto – e poi ha protestato”. Ad ogni modo, “l’interesse pubblico alla notizia non può essere delegato al procuratore”. Nel suo intervento, Santaniello ha chiesto provocatoriamente: “La presunzione di innocenza costituisce ancora una garanzia di civiltà?”.

Per Petrelli sarebbe necessario registrare un elemento: “Si sono rotti gli equilibri fra politica e magistratura”. Da parte sua, Melani Graverini pur riconoscendo che “l’avvocatura non si è appiattita sulla normativa”, ha fatto un mea culpa, richiamandosi all’etica e al rispetto dei soggetti: “Anche gli avvocati sono stati coinvolti dalla mediaticità”. Secondo Fornari, invece, è necessario un “confronto fra magistratura, avvocatura e libera stampa”, anche perché notoriamente l’attenzione mediatica, alta nella fase delle indagini, “scompare nel dibattimento”.

Il punto di vista giornalistico è stato espresso da Orlando, il quale ha spiegato che “la stampa dovrebbe avere accesso a tutte le carte, con linee guida su come pubblicarle”. Infine, ha replicato alle accuse di ricostruzioni fantasiose spesso attribuite ai giornalisti, costantemente alla ricerca di notizie e scoop da offrire ai lettori: “Di fronte a una situazione di scarsa informazione, c’è un’alta ‘invenzione’”.

 

 

 


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Redazione IUS101.it