La scuola deve tornare ad essere un elemento centrale della società, sia per avere una formazione di qualità, sia per poter tornare alla sua vocazione di ascensore sociale, orientato al miglioramento generale dei cittadini nell’ottica dell’articolo 34 della Costituzione italiana, il quale riconosce ai più meritevoli – anche se privi di mezzi – la possibilità di raggiungere i gradi più alti degli studi. È la principale conclusione emersa dal primo convegno della terza giornata del Salone della Giustizia. All’incontro hanno partecipato Giuseppe Linares, direttore Servizio centrale Anticrimine Polizia di Stato; Alberto Michele Cisterna, magistrato, già Procuratore aggiunto della DNA; Giusy Versace, atleta paralimpica, già membro della Commissione affari sociali della Camera dei Deputati; Matilde D’Errico, autrice televisiva; Suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche; Vincenzo Nicolò, coordinatore One Hour for Europe Italia. Inoltre è stato trasmesso un video messaggio della rettrice dell’Università Sapienza di Roma, Antonella Polimeni. Il dibattito è stato moderato da Ilaria Capitani, vice direttore RAI 3.

“La formazione – ha detto nel suo videomessaggio Polimeni – è entrata in crisi, ci sono sempre più giovani Neet (non studiano, non lavorano e non cercano lavoro) con sfiducia diffusa. La scuola e l’università devono essere al centro del dialogo fra le generazioni, anche ai sensi dell’art. 34 della Costituzione, e ci deve essere un impegno orientato all’eccellenza del sapere”.

Secondo Suor Anna Monia Alfieri, c’è sia un problema di discriminazione (“quella economica è più subdola delle altre”), sia strutturale (“la scuola è stata trasformata in un postificio”). Inoltre, ha aggiunto, “lo Stato italiano è l’unico a non garantire il pluralismo educativo”. Secondo Versace, “come nello sport, la politica dovrebbe imparare a non trovare alibi. C’è bisogno di buoni esempi per i ragazzi. Il nostro compito è sensibilizzare e promuovere”.

 

La richiesta di modelli positivi è stata avanzata anche da Nicolò che, da ventenne, ha potuto offrire l’esperienza più recente come discente. “La scuola per me – ha continuato – è stata una grande opportunità ma deve recuperare la dimensione sociale”.

Linares ha dato un altro punto di vista, per spiegare anche la devianza giovanile: “I social hanno implementato le differenze e le minacce fra i ragazzi. Si è persa la prossemica nei volti a causa della pandemia. Le baby gang, che già esistevano, hanno acquistato coscienza criminale”.

 

Per Linares, quindi, non c’è “solo il bullismo ma anche la mala movida. Il Daspo ‘Willy’ è una delle misure più felici, si può applicare anche alla discriminazione razziale”. Secondo Cisterna, se comparata ad altre realtà europee, “l’Italia è un paese sicuro, dove questi fenomeni ci sono e la situazione è recuperabile”. L’investimento nella scuola, ha poi aggiunto, significa risorse maggiori risparmiate per le spese di lotta alla criminalità.

“Occorre – ha spiegato il magistrato – reinvestire nella scuola risorse per la qualità dei docenti, ci sono state troppe regolarizzazioni e pochi concorsi. I primi capaci e meritevoli devono essere proprio gli insegnanti e i docenti”.

Da parte sua D’Errico (che ha definito la scuola “una preziosa agenzia educativa”) ha evidenziato “la sfida di rendere la televisione uno strumento che parla ai giovani. La Tv, in particolare la Rai, è la più grande industria culturale in Italia e quindi – ha concluso – può ancora culturalmente incidere”.

 

 

 

 

 

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Redazione IUS101.it