La sera del 3 settembre 1982 l’aria a Palermo era ancora afosa. La temperatura alle 21 sfiorava i 30° e l’umidità era del 77%. Le strade erano ancora affollate, nei ristoranti e nei caffè era difficile trovare un tavolo libero, il traffico intenso come ogni venerdì sera.

Alle 21:15 una BMW affianca la A112 nella quale viaggiava il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa. Alla guida la giovane moglie del Generale, Emanuela Setti Carraro. Dalla BMW spunta un Kalashnikov AK-47, due secche raffiche non lasciano scampo agli occupanti della piccola utilitaria. Negli stessi istanti una moto si accosta all’auto di scorta e un altro sicario fa fuoco, ferendo a morte l’agente di Polizia Domenico Russo.

Finisce così nel sangue la straordinaria vita di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Figlio di un generale dei Carabinieri entrò nell’Arma durante la seconda guerra mondiale e verso la fine del conflitto si unì ai partigiani. Subito dopo la guerra fu comandato in Campania e in Sicilia per combattere il banditismo. In Sicilia tornò tra il ’66 e il ’73 come Colonnello dell’Arma e Comandante della Legione Carabinieri di Palermo e fu lì che iniziò ad indagare su Cosa Nostra. A Torino, divenuto Generale di Brigata, iniziò una lotta senza tregua contro le Brigate Rosse e creò il Nucleo Speciale Anti-terrorismo che fu attivo fino al 1976. Altri importantissimi incarichi lo portarono a Milano. Nel maggio 1982 venne nominato Prefetto di Palermo in virtù degli straordinari risultati ottenuti nel contrasto a Cosa Nostra. Dieci anni dopo, il 21 maggio 1992, due giorni prima di essere ucciso, il giudice Giovanni Falcone disse: “Cosa Nostra non dimentica. Non l’ho mai concretamente vista come una piovra. La mafia è una pantera. Agile, feroce, dalla memoria di elefante”.

Francesco Arcieri
direttore IUS101.it