È molto contenuta, decisamente bassa, la fiducia degli italiani nella giustizia ed è molto limitato anche il loro apprezzamento per l’operato dei giudici. Sono alcuni aspetti emersi dall’indagine su ‘Gli italiani, la Giustizia e i giudici’, realizzata da Astraricerche e illustrata nella sala stampa della Camera in occasione della presentazione dell’Osservatorio dei Laici nell’Ordinamento giudiziario, organismo informale nato a ‘supporto’ della componente non togata del Csm. Il report conta circa mille interviste a persone tra i 18 e i 70 anni. Il direttore di Astraricerche, Cosimo Finzi, ha segnalato che meno di un terzo del campione ha espresso un voto alto per l’operato dei giudici del processo civile e dei giudici di pace (32,9%), più o meno lo stesso per i giudici del processo penale e i pm (32%), e gli avvocati (29,9%). Un livello di fiducia molto limitato, ha osservato Finzi. “Credo sia importante comprendere quale sia la percezione che i cittadini hanno del mondo giustizia. Il 61% di fiducia nei riguardi degli avvocati mi fa ben sperare su quanto sia compreso il nostro ruolo sociale di difensori dei diritti”, ha detto Antonino La Lumia, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano e Tesoriere dell’Organismo Congressuale Forense. Nella maggior parte dei casi, l’esperienza diretta con l’amministrazione della giustizia avviene tramite la figura dell’avvocato. Il 75% degli intervistati ha avuto contatti diretti almeno una volta (il 18,4% molte volte) con un avvocato, e almeno una volta il 47,1% ha avuto a che fare con un giudice del processo civile o di pace, con i giudici del processo penale (31,9%) e i pubblici ministeri (30,3%). Se dovesse capitare di essere chiamati in giudizio, per un fatto per il quale si ritiene di avere ragione, la fiducia riposta nella giustizia è bassa. Ha molta o abbastanza fiducia solo poco più di un intervistato su tre (37,8%), il 34,9% si fida così così e ben il 27,4% ha poca o addirittura nessuna fiducia: si tratta in particolare delle donne 55-70enni (42%) e delle 35-44enni (35%). Gli italiani si fidano assai più del proprio avvocato (il 61% molto o abbastanza) che delle leggi (39,7%) o dei giudici da cui si deve essere giudicati (39,4%). Alla domanda su chi valuta i giudici, l’ opinione dominante è che il loro operato sia sottoposto al controllo da parte di soggetti preposti. Solo il 12,3% ritiene che nessun soggetto effettui tale controllo, circa un intervistato su tre invece indica quale soggetto – preposto al controllo e alla valutazione dell’operato dei giudici – la Corte Costituzionale (31,9%) oppure altri magistrati, una loro associazione, un loro organo rappresentativo (31,2%). Quasi l’80% degli intervistati afferma di aver già sentito nominare il Csm: il 35,9% ne conosce anche il suo ruolo di monitoraggio e valutazione dell’attività dei magistrati. Un intervistato su cinque però non conosce nemmeno l’esistenza del Csm. Il campione ritiene (molto o abbastanza) che il Csm sia fondamentale per garantire l’indipendenza della magistratura (50,6%). Ma una gran parte ritiene anche che il Csm sia in conflitto di interessi perché i giudici sono valutati da altri giudici (48,8%) e che la composizione non ne garantisca l’indipendenza dalla politica (47,7%). Il campione intervistato riterrebbe quindi corretto che la valutazione dei giudici fosse
fatta con la partecipazione o il voto in primo luogo dei cittadini, attraverso propri comitati creati appositamente (42,3%, dunque molto più partecipi rispetto a quanto non si ritiene sia oggi, con il dato fermo al 10,7%), poi di altri magistrati/giudici, una loro associazione, un loro organo rappresentativo (34,4%, quasi parimenti a quanto si ritiene sia oggi 31,2%). Si auspica infine la partecipazione di avvocati molto più di quanto non si ritenga avvenga oggi (28,2% mentre oggi al 5,8%).
Agenzia Ansa