Dall’inizio dell’anno sono ormai 20 i suicidi  nelle nostre carceri, esattamente il doppio di quelli avvenuti nello stesso periodo del 2022, anno in cui fu registrato il numero più elevato da quando esistono le rilevazioni statistiche di questo tragico dato. Le toghe progressiste del coordinamento nazionale di Area Democratica per la giustizia stigmatizzano la situazione carceri in Italia. “Non v’è dubbio – dicono –  che l’istituzionalizzazione correlata ad un’esperienza detentiva priva di contenuti e di progettualità, il sovraffollamento carcerario e la deprivazione di diritti fondamentali che esso porta con sé, finisce per favorire nelle persone più fragili, in quelle più sole o meno supportate,  gesti estremi”.

Il sovraffollamento, riassume la nota di AreaDg, “riduce lo spazio vitale, rende ancor più difficile l’accesso alle prestazioni sanitarie, limita la possibilità di fruire delle opportunità trattamentali, aggrava drammaticamente  le difficoltà e le sofferenze della vita in carcere, amplificando il senso di emarginazione, di abbandono e di solitudine che l’istituzionalizzazione produce”.

In questo senso, “non si può non cogliere una relazione diretta tra l’aumento di suicidi in carcere  ed  il sovraffollamento carcerario, che registra al 31.1.2024 il numero di 60.637 persone detenute , ossia circa diecimila in più dei posti regolamentari, con  situazioni  che in alcune carceri vedono ormai il tasso di occupazione  ascendere alle percentuali del 140/150% e condizioni di vita ormai estremamente scadute, tali da configurare, secondo i parametri della giurisprudenza interna e sovranazionale una detenzione inumana e degradante”.

Il tasso di occupazione abbassatosi nel 2020 con le misure urgenti dettate dall’emergenza sanitaria, ha ripreso “inesorabilmente a crescere dal 2021 con andamento esponenzialmente progressivo, così da dimostrarsi un dato non accidentale o temporaneo, bensì strutturale. E ciò nonostante che nel medesimo periodo siano state adottate dalla magistratura di sorveglianza decine di migliaia di misure alternative alla detenzione in carcere, tanto da risultare quelle attualmente in gestione superiori alle 85.000, mentre sono pendenti oltre 90.000 istanze di misure alternative proposte dai cosiddetti liberi sospesi che attendono in libertà la definizione della loro richiesta  di accedere a misura alternativa.

E’ perciò improcrastinabile – sottolineano le toghe progressiste- l’individuazione di soluzioni politiche atte a decongestionare effettivamente e rapidamente le nostre carceri. Un approccio pragmatico e di sano realismo dovrebbe orientare un tale intervento verso l’adozione di soluzioni di clemenza,  quale un provvedimento  di amnistia e indulto per i reati minori  e le pene detentive di breve durata.  Le proposte di legge ora in discussione alle Camere  mirano invece a ridurre il tasso di sovraffollamento attraverso l’estensione del beneficio della liberazione anticipata, così da abbreviare ulteriormente solo per i più meritevoli il tempo della permanenza in carcere. Si tratta – dice la nota di Area – di un’opzione non certamente risolutiva per la  cui efficacia, in ogni caso, devono essere necessariamente previsti  meccanismi automatici di  estensione del numero dei giorni di liberazione anticipata in relazione ai periodi pregressi di  positiva valutazione della condotta e del riconoscimento del beneficio. Occorre, tuttavia,  essere consapevoli   che si tratta di un intervento emergenziale che riduce il tempo della carcerazione, ma non agisce sulle cause strutturali del sovraffollamento, quali l’introduzione di nuovi reati in risposta ad ogni presunta emergenza, la presenza di irrazionali automatismi nelle norme processuali  che determinano l’automatica carcerazione di chi potrebbe fruire di misure alternative, la previsione di  limiti all’accesso ai benefici nelle norme penitenziarie non giustificati da reali esigenze di contenimento della pericolosità, la fragilità e l’inadeguatezza del complessivo sistema dell’esecuzione  penale e la mancanza di risorse adeguate per la magistratura di sorveglianza e per i Servizi deputati all’Esecuzione penale”.

Occorre, quindi, agire “sui meccanismi che determinano l’ingresso in carcere, piuttosto che continuare del tutto irrazionalmente ad adottare periodicamente soluzioni ‘svuotacarcere’, mentre contemporaneamente e sistematicamente operano norme che conducono  a riempirle”.

Occorre inoltre ripensare all’edilizia carceraria in un progetto “complessivo che consenta al contempo condizioni detentive dignitose e opportunità trattamentali in linea – conclude la nota – con il dettato costituzionale e le carte sovranazionali e con la finalità rieducativa della pena”.